Ricorso   del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  difeso
dall'Avvocatura  generale  dello Stato, presso la quale ha il proprio
domicilio in via dei Portoghesi n. 12,

    Nei confronti della Provincia autonoma di Bolzano, in persona del
suo   presidente,   per   la   dichiarazione   della   illegittimita'
costituzionale  della  legge  provinciale  n. 1  dell'11 aprile 2005,
Disposizioni   transitorie   in  materia  di  concessioni  di  grandi
derivazioni a scopo idroelettrico (B.U.R. n. 17 del 26 aprile 2005).
    Transitorie sono definite quelle disposizioni che disciplinano la
fase  di  passaggio  tra  la  precedente e la nuova disciplina di una
certa materia.
    La  legge  provinciale  non  e'  destinata a raccordare normative
diverse.
    La  transitorieta'  e'  probabilmente  stata  collegata  a quanto
dispone  il primo comma dell'art. 1, dove l'intervento legislativo e'
motivato con l'attesa della fissazione delle modalita' definitive per
il  rilascio  delle concessioni di derivazione a scopo idroelettrico,
modalita'   che   dovrebbero   essere   desunte  dalle  sentenze  che
concluderanno le procedure di infrazione n. 1999/4902 e n. 2002/2282,
che  sarebbero  state  promosse  dalla  Commissione  europea ai sensi
dell'art. 226  del  trattato  di Roma. La nuova disciplina, piuttosto
che transitoria, viene a risultare temporanea, nel senso che, secondo
le  intenzioni  della  Provincia, sarebbe destinata ad operare per un
tempo  limitato,  senza  svolgere  nessuna  funzione  di raccordo tra
discipline successive diverse.
    La  legge,  pertanto,  si  presenta  organica, almeno entro certi
limiti  temporali,  nel  senso che per il periodo interessato viene a
costituire la sola disciplina applicabile nel territorio provinciale.
Se,  come sembra, la sua legittimita' costituzionale e' stata fondata
dalla  provincia  sulla  transitorieta',  la  legge  viene  ad essere
costituzionalmente  illegittima  in quanto contraddittoria e, quindi,
irragionevole.
    Come  noto,  ai  sensi  dell'art. 226  CE,  dopo  aver contestato
l'infrazione,  la  Commissione emette un parere motivato. Se lo Stato
non si conforma la Commissione puo' adire la Corte di giustizia.
    I  numeri riportati nel primo comma dell'art. 1 dovrebbero essere
quelli  dei dossiers costituiti presso la Commissione. Non sono stati
individuati  i  pareri  motivati ne' sono stati indicati i numeri dei
procedimenti che sarebbero in corso davanti alla Corte di giustizia.
    Come  si  e'  ricordato,  l'esistenza  di  una  contestazione  di
infrazione  non  comporta automaticamente la proposizione del ricorso
perche' la Commissione puo', non deve proporlo.
    La legge, pertanto, per questa mancanza potrebbe essersi posta un
termine che non si verifichera' mai. Da qui la sua irragionevolezza.
    Dalla  sua  formulazione si ricava che la provincia ha provveduto
senza assumere informazioni sullo stato dei procedimenti.
    I  due procedimenti risultano unificati ed hanno dato luogo ad un
parere motivato del 7 gennaio 2004.
    La  Corte  di  giustizia non risulta ancora investita ne' ci sono
elementi  per  prevedere  se  e  quando  lo sara', cosicche' la legge
provinciale  potrebbe  operare  come  legge  organica  senza  termine
temporale.   Nel   frattempo   e'   iniziato   il   procedimento  per
l'adeguamento  delle  norme  di  attuazione  dello  Statuto  ai sensi
dell'art. 107, d.P.R. n. 670 del 1972.
    Il  16  dicembre  2004 la Commissione, di cui all'art. 107, primo
comma,  d.P.R. n. 670/1972, ha approvato un testo che ha sostituito i
commi  1,  2  e 3 dell'art. 1-bis del d.P.R. n. 235/1977, abrogando i
commi dal 6 al 12.
    Il nuovo testo normativo prevede che per le grandi derivazioni di
acque  pubbliche  a scopo idroelettrico la provincia provveda con una
legge, che, insieme ad altri aspetti, dovra' disciplinare «la tutela,
la valorizzazione e l'utilizzo del demanio idrico in conformita' alla
previsioni  del piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
di  cui  all'art. 8  del  decreto  del Presidente della Repubblica 22
marzo  1974,  n. 381»  (comma  2,  lett. a)  e  dovra'  stabilire «le
procedure   di   evidenza   pubblica   nel  caso  di  rilascio  delle
concessioni, regolando anche la durata» (comma 2, lett. b).
    Provvedendo    unilateralmente,   quando   il   procedimento   di
adeguamento  delle  norme  di  attuazione  era  nella fase finale, la
Provincia  non  solo ha violato il principio di leale collaborazione,
ma  si e' anche svincolata da quei principi che saranno fissati dalle
nuove norme in conformita' all'orientamento comunitario.
    L'art. 9.9   dello   Statuto   regionale   esclude   dalla  sfera
legislativa provinciale le grandi derivazioni a scopo idroelettrico.
    Alla   legge   impugnata  viene  a  mancare,  pertanto,  la  base
statutaria.
    E' solo sulla utilizzazione delle acque pubbliche che le province
possono  intervenire  e  la  ragione di questa loro competenza sembra
evidente.  Utilizzare  significa  trarre  beneficio  dalle  acque che
scorrono restituendole poi al loro corso.
    Le  grandi  derivazioni  incidono, invece, sul regime complessivo
dei corsi d'acqua con effetti anche sui territori di altre province e
di  altre  regioni  e  per  questo  sono  state tenute distinte dalla
utilizzazione.
    La  competenza non puo' essere, pertanto, che dello Stato, la cui
visione   e   capacita'  di  coordinamento  si  estende  a  tutto  il
territorio.
    E'  prevedibile  che  la provincia richiami l'art. 10 della legge
costituzionale  n. 3  del  2001,  rivendicando  la maggiore autonomia
assegnata  alle  Regioni  a  statuto  ordinario  dall'art. 117, terzo
comma, Cost. in materia di produzione di energia.
    Questo  eventuale  richiamo non sarebbe, peraltro, utile per dare
alla legge un fondamento costituzionale.
    Nel  caso della Regione Trentino-Alto Adige c'e' da verificare se
l'ampliamento  dell'autonomia  operi  nei  confronti  della regione o
delle province.
    La risposta non puo' essere trovata che nello Statuto.
    Come  si  e'  visto,  dall'art. 9.9  la  potesta'  legislativa in
materia  di  utilizzazione  delle  acque pubbliche e' attribuita alle
province.
    Ma  si  e'  anche  visto  come  le  grandi  derivazioni  a  scopo
idroelettrico siano escluse per l'ampiezza territoriale degli effetti
idraulici che possono comportare.
    Se  si  ritenesse che l'art. 10 abbia inciso anche in questo caso
sulla   competenza   statutaria,  la  potesta'  legislativa  andrebbe
attribuita  all'ente a competenza territoriale piu' estesa perche' si
tratta  di un settore in cui vengono toccati interessi non limitabili
territorialmente in via preventiva.
    La  potesta'  competerebbe,  pertanto,  alla  regione  e non alla
provincia il cui ricorso andra' dichiarato inammissibile.
    La  provincia,  anche  ad  ammetterne la potesta' legislativa, si
sarebbe  dovuta attenere ai principi fondamentali fissati dalla legge
statale.
    La  stessa formulazione della legge conferma che questo principio
e' stato violato.
    Nel   primo  comma  e'  detto  espressamente  che  si  e'  inteso
provvedere   in  via  temporanea  in  attesa  che,  a  seguito  della
conclusione delle procedura di infrazione, si arrivi alla definizione
delle procedure stesse.
    Si  e'  provveduto,  pertanto,  in  vista  di  eventi  futuri (le
sentenze  della  Corte  di  giustizia)  a  seguito  dei  quali dovra'
intervenire   prima   di  tutto  lo  Stato  per  fissare  i  principi
fondamentali della materia.
    La  provincia  non  ha  tenuto  conto  che,  per  evitare  future
infrazioni delle quali risponderebbe lo Stato, sara' quest'ultimo che
dovra'  quanto  meno  fissare  i principi fondamentali che consentano
alle  regioni,  anche  ad  ammetterne  la  potesta'  legislativa,  di
mantenersi nei limiti della legittimita' comunitaria.
    Ai  sensi  dell'art. 1.3 della legge n. 131/2003, che ha tradotto
in  norma  quanto  gia'  si  desumeva dalla giurisprudenza di codesta
Corte,  i  principi  fondamentali  possono essere desunti dalle leggi
statali vigenti.
    Nel  caso  in esame, secondo lo stesso legislatore provinciale, i
principi  fondamentali, definiti impropriamente modalita' definitive,
andranno  desunti dalle sentenze della Corte di giustizia, non ancora
intervenute.
    La  norma  impugnata  e',  pertanto,  illegittima  per violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost.
    Nei  procedimenti per infrazione, promossi ai sensi dell'art. 226
CE,  parte  responsabile puo' essere solo lo Stato, indipendentemente
dalla  articolazioni interne, ed e' lo Stato che, nei confronti della
comunita', ne subisce le conseguenze (in particolare v. art. 228 CE).
    Si  e',  pertanto,  nell'ambito  dei  rapporti  dello  Stato  con
l'Unione  europea,  che  l'art. 117,  secondo  comma,  lett. a) Cost.
assegna alla legislazione esclusiva dello Stato.
    Il  dovere  di  attenersi  agli  obblighi  derivanti dal Trattato
incombe  allo  Stato  ed e' lo Stato che, ai sensi dell'art. 228, «e'
tenuto  a  prendere  i  provvedimenti per l'esecuzione della sentenza
della   Corte   di   giustizia»,  incorrendo,  in  mancanza,  in  una
responsabilita' anche patrimoniale.
    In base al Trattato il rapporto Unione-Stato e', dunque, diretto.
    Essendo  la  responsabilita'  comunitaria  solo  dello  Stato, la
materia  non  poteva che essere assegnata alla legislazione esclusiva
statale  per consentire allo Stato stesso di emettere tempestivamente
le norme necessarie.
    La  produzione  dell'energia  e'  stata  liberalizzata  e  per le
violazioni  a  questo  principio  si  va  incontro  a responsabilita'
comunitaria.
    E'  questo  un principio che la provincia dimostra di aver tenuto
presente quando ha richiamato i due procedimenti.
    La  liberalizzazione  comporta  che  le normative che la regolano
assicurino la concorrenzialita' del mercato.
    La  tutela della concorrenza e' materia di legislazione esclusiva
dello Stato.
    Le  esigenze  della  concorrenza  debbono  comunque essere tenute
presenti nella disciplina di settore.
    Da  qui la illegittimita' costituzionale della norma impugnata da
ulteriori  due  punti di vista: per violazione dell'art. 117, secondo
comma,  lett.  e)  Cost.  ed  in  ogni  caso  per  non aver atteso la
fissazione  da  parte dello Stato dei principi fondamentali nei quali
dovranno  trovare  tutela  le  esigenze  concorrenziali  del  mercato
comunitario,  in  conformita' ai principi che saranno enunciati dalla
Corte di giustizia.
    L'art. 12.6  d.lgs.  n. 387 del 2003, che ha dato attuazione alla
direttiva  2001/77/CE  in  materia  di  energia elettrica prodotta da
fonti rinnovabili, non consente che l'autorizzazione, di cui al terzo
comma  dello  stesso  art. 12,  sia subordinata ne' preveda misure di
compensazione a favore delle regioni e delle province.
    E',  questo,  un principio il cui carattere fondamentale non puo'
essere  messo in discussione, perche' enunciato in sede di attuazione
di  una  direttiva  rivolta  alla  promozione  dell'energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato comunitario.
    Nella direttiva (considerando (12)) e' enunciata la necessita' di
un sostegno da parte delle pubbliche autorita' alle fonti energetiche
rinnovabili, che possono consistere ( considerando (14)) in esenzioni
o sgravi fiscali ed in regimi di sostegno diretto dei prezzi.
    L'art. 12.6  ha  attuato  la  direttiva  a  questo proposito e la
misura  disposta  e'  stata  oggetto  di  valutazione  da parte della
Commissione ai sensi dell'art. 4 della direttiva quando ha verificato
se   gli  ostacoli  normativi  e  di  altro  tipo  all'aumento  della
produzione  di  elettricita'  rinnovabili siano stati ridotti e se le
norme siano oggettive e trasparenti (art. 6.1).
    In  quanto attuativo di una normativa comunitaria il carattere di
principio  fondamentale  di  quanto  dispone  l'art. 12.6  del d.lgs.
n. 387/2003 dovrebbe essere fuori discussione.
    Questo  principio  e' violato dall'art. 1 della legge provinciale
sotto un duplice profilo.
    E'   richiesta   una   concessione   (art. 1.1),   invece   della
autorizzazione  unica  prevista dall'art. 12.3, attribuendo in questo
modo  al  concedente  potere  piu'  incisivi  di  quelli che la norma
statale  prevede  in  coerenza  con  la  normativa  comunitaria,  che
richiede un aumento della produzione da fonti rinnovabili.
    Il  rilascio  e' comunque condizionato all'adozione di specifiche
misure  di  miglioramento  e razionalmente ambientale e paesaggistico
(art. 1.4).
    Per  quanto si e' detto, in materia di energia elettrica prodotta
da  fonti  rinnovabili  e'  ancora  piu'  radicato  il principio, che
codesta  Corte ha gia' enunciato, che «la valutazione complessiva del
fabbisogno  nazionale  di energia elettrica e l'autonoma capacita' di
assicurare   il  soddisfacimento  di  tale  fabbisogno»  sfugge  alle
regioni, poiche' la visione unitaria e' possibile solo allo Stato.
    Questo  principio  vale  a  maggior  ragione  quando si tratta di
energia  prodotta  da  fonte rinnovabili quanto per il cui aumento lo
Stato incontra un obbligo comunitario.
    Dalla legge impugnata traspare con tratti evidenti l'intendimento
della  provincia,  ricca di energia prodotta sul posto, di tutelare i
suoi  interessi  non energetici in misura massima, senza tenere conto
degli  interessi  energetici  delle  altre  regioni,  comprese quelle
attraversate  dai  corsi  d'acqua  nei quali andrebbero realizzate le
opere.
    Per  il  fatto  che la provincia ha provveduto unilateralmente e'
mancata  qualsiasi  valutazione  comparativa  di  tutti gli interessi
coinvolti,  a  tutela  dei  quali  la Provincia non ha nemmeno inteso
prevedere  forme  di  collaborazione con lo Stato attraverso le quali
dare  ingresso  agli  interessi  generali  la cui tutela non puo' che
competere allo Stato stesso.